A proposito dei miei amori

«Amo correre, è una cosa che puoi fare contando sulle tue sole forze. Sui tuoi piedi e sul coraggio dei tuoi polmoni.»

Jesse Owens

mercoledì 23 settembre 2009

Pazienza e cacca d'uccelli


L'attendere che l'infiammazione passi, sentire le gambe fremere, saperle pronte per un buona prestazione, passeggiare spingendo il passeggino per il paese dietro a mia moglie che corre... sono tutte situazioni nuove per me. Così come mi è nuova la sensazione di sollievo dalla lieve tensione correlata alla gara a cui ho ormai rinunciato.


Dopo 48 ore dalla decisione di riposare per guarire e non compromettere la preparazione per la maratona di Firenze mi ritrovo ancora qui, con il mio ginocchio che non duole più ma che so essere pronto a farsi sentire non appena mi metto in strada. La situazione è paradossale. Sto bene, ma non posso correre. Non c'è un dato incontrovertibile che mi indichi la possibilità di tornare a correre. L'assenza del dolore, anche alla deambulazione spedita, non è un dato da cui partire per riprendere l'attività. Mi ero illuso fosse così qualche giorno fa, ma i fatti mi hanno lasciato senza speranza. Non so cosa devo aspettare per ricominciare, so solo che è troppo presto.


Su consiglio di Mauro continuerò a riposare completamente ancora per due giorni, poi inizierò con degli esercizi di stretching.


L'analisi ha individuato due possibili cause per il mio infortunio: primo, l'eccessivo chilometraggio. 195 km in 18 giorni dopo la mezza di Velden fatta "a tutta" sono un carico per me eccessivo, al momento. Inoltre gran parte di questa distanza l'ho coperta nello svolgimento di sedute "di qualità": ripetute lunghe, variazioni di ritmo, corsa media. Inoltre ho percorso due lunghissimi di 32 e 28 km ed una corsa lunga svelta di 23 km in 13 giorni. Insomma quantità eccessiva durante un periodo che doveva prediligere la qualità.


Il secondo fattore, dubbio, è il possibile decadimento delle mie Saucony triumph 5. Non arrivano a 700 km, ma hanno passato l'estate in terrazza, al sole, ed ora sono secche, aride, dure.


L'aspetto positivo di questo periodo è che posso passare le ore del mattino con mio figlio Leonardo o dedicarmi ai lavori casalinghi. Stamattina, armato di mascherina e guanti in lattice, mi sono arrampicato sulle travi del soffitto, alla caccia della causa del cattivo odore che è comparso da quando, col lieve cambio climatico della scorsa settimana, teniamo le porte e le finestre aperte un po' di meno. Sapevo già cosa avrei trovato. Probabilmente nel periodo in cui l'appartamento era in costruzione, in assenza dei serramenti, molti uccelli hanno trovato riparo tra le travi in legno del tetto, utilizzando anche il nostro soffitto come latrina. Ho lavorato tutta la mattina per rimuovere con l'aspirapolvere qualche centinaio di escrementi secchi dalle travi maestre di soggiorno e cucina. Di certo non è stato un lavoro piacevole, ma poteva andare peggio. Per prima cosa la cacca secca non puzza come quella fresca, per fortuna. E poi non mi è per niente dispiaciuto passare la mattinata in casa ascoltando musica alla radio, per una volta vivendo da quasi-sedentario. Ma credo che la cosa mi stancherà presto.

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