A proposito dei miei amori

«Amo correre, è una cosa che puoi fare contando sulle tue sole forze. Sui tuoi piedi e sul coraggio dei tuoi polmoni.»

Jesse Owens

domenica 16 dicembre 2012

domenica 2 dicembre 2012

Ma va là, albanese!

Gennaio 2012. La prendo alla larga, ma è da qui che è cominciato un cammino che tra un mese mi riporterà al punto in cui tutto è iniziato.
A cercare bene nella memoria "l'arco della partenza" andrebbe posizionato molto più indietro, nell'agosto 1998 quando, terminato il quarto anno di studio alla Facoltà di Medicina all'Università di Trieste, per motivi che ancora non mi sono chiari, mi sono trovato a poter scegliere il mio alloggio in casa dello studente dopo molti altri colleghi. E così, dopo 4 anni di permanenza nella casa dello studente "Nuovissima", sono stato retrocesso nella "Vecchia" senza nemmeno passare per la "Nuova" che era in ristrutturazione da tempi immemori. La mitica "Vecchia", edificio di concezione non proprio moderna, facilitava i rapporti sociali molto più delle strutture più recenti, se non altro perché la presenza di un unico bagno per corridoio costringeva ad uscire dal loculo che i progettisti avevano avuto l'ardire di chiamare camera. Il vivacissimo ambiente sociale della mia nuova dimora mi strappò da uno studio diligente e da una vita ordinata per gettarmi nella vera vita universitaria, fatta sì di libri, ma anche di feste, grandi amicizie, molte conoscenze e abbandono della mia convinta, almeno fino ad allora, monogamia.
Se prima di allora la mia vita era interessante ed ordinata


da quel momento divenne estremamente animata, variegata, certamente meno produttiva dal punto di vista accademico ma molto più formativa dal punto di vista umano.

Vagando nel labirinto della mia vita studentesca mi sono, più o meno casualmente, imbattuto in variopinti personaggi: molti non hanno lasciato alcuna traccia nella mia esistenza, ma con due di loro ho compiuto almeno un tratto di percorso.
Il primo, in ordine di tempo, è Alessandro. Inquieto, tormentato, dolcissimo amico, dall'anima immensa almeno quanto la sua fragilità. Intelligente, colto, affascinante viaggiatore che sa ancora affabulare e far innamorare le donne con il suo entusiasmo e la sua mente vivace. Artista, lo chiamavamo, e tale era, sicuramente il più bohémien del gruppo, sognatore, dotato di rara onestà intellettuale. Uno che voterei come rappresentante dei genitori dell'asilo, o come amministratore di condominio, ma anche come Presidente del Consiglio.
Il secondo è Olti. Presentatomi da Alessandro, studente suo malgrado di Odontostomatologia, spedito a pedate in Italia dal padre che lo voleva salvare dalla vita violenta degli adolescenti in un'Albania appena uscita da decenni di regime comunista che, al confronto, in Cina si stava bene. Lo si vedeva tre giorni, poi spariva. Quando tornava ci raccontava che era andato a comprare due bilici di pali di legno da spedire al padre che stava dotando l'Albania delle linee telefoniche. "Ha voluto mio papà che facessi il dentista, ma io voglio fare il manager", mi diceva. Olti è un falco, scelta la preda si adopera con tutte le sue energie per arrivare all'obiettivo, silenziosamente. Che si tratti di donne o affari è raro vederlo fallire, anzi era ed è raro vederlo. Sempre impegnato in un nuovo progetto capita di chiamarlo al telefono e sentirsi rispondere: "Ci sentiamo la prossima settimana perché adesso sono a Pechino ma domani parto per il Messico" "Vacanza?" "No devo incontrare delle persone...". Intelligente, fiero e spietato, dall'animo semplice e generoso, sognatore ma con i piedi ben piantati a terra. Il suo più grande pregio è la capacità di contagiarti e farti sembrare possibile anche il progetto più azzardato. "Voglio lavorare come un dannato fino a 35 anni, poi basta. Vivrò di rendita!".
Il trio funzionava, nell'amicizia e con le donne: l'artista, l'imprenditore e il futuro medico. Il cuore, le braccia, la testa. Ciò che ci accomunava era l'amiciza l'uno per l'altro che faceva delle nostre differenze un reciproco arricchimento.
Durante le nostre chiaccherate piene di progetti ci si prendeva in giro immaginandoci chi Presidente del Consiglio Italiano, chi Presidente del Consiglio Albanese, chi Primario di una Clinica prestigiosa.
Soprattutto ricordo Olti: "Quando (non "se") costruirò una clinica privata in Albania, tu sarai il Primario!". E giù a ridere pensando al fatto che avremmo scelto solo infermiere strafighe e che Sandro le avrebbe prima collaudate.
Poi l'Università finisce. La Casa dello Studente non è più la nostra casa, ognuno fa le sue scelte e ci si vede sempre meno. Il sentimento rimane intatto ma la scarsa frequentazione ci allontana. Ci si sente ogni tanto e si viene a sapere che uno ha cambiato già due-tre fidanzate (Sandro), uno ha cambiato due-tre lavori (Olti) e uno due-tre fidanzate e due-tre lavori (io).
Passano circa 10 anni e a gennaio 2012 (ci sono finalmente arrivato) mi chiama Sandro e mi fa: "Tieniti libero sabato prossimo che siamo invitati a Tirana per l'inaugurazione dell'ospedale di Olti". E io: " Ma che cazzo dici, che sabato c'ho turno mattina-notte, che in reparto siamo pochissimi, che nessuno mi darà mai un cambio... ok, dammi 24 ore e ti confermo."
Il sabato dopo siamo su un aereo che se cade gli Specializzandi di Medicina fanno festa una settimana.
Una caterva di Medici, varie personalità politiche della zona e qualche infiltrato come me e Sandro. A Tirana il solito pirla (Sandro) non trova di meglio che mettersi su un marciapiede e gridare "Dottoreeee" per vedere che effetto fa. E infatti si voltano in un centinaio.




Il posto è davvero bello. Metrature albanesi, dove il mattone costa ancora poco, tecnologie italiane. Un goiellino architettonico, un sogno per molti dei presenti. Ma solo Olti ha realizzato il suo.

http://www.salus.al/ospedale/

In aereo mi porto il libro che mi ha regalato Max a Natale: la biografia di Steve Jobs. E qui anche un ragazzino delle medie impegnato nella realizzazione del cortometraggio per il concorso indetto dal Comune metterebbe la scena in cui io leggo il discorso di Jobs ai neolaureati di Stanford che finisce con l'nvito ad essere affamati e folli.... Non è andata così, ma tutta la biografia di Jobs trasuda coraggio e capacità di abbandonare le certezze per mirare più in alto.
Due mesi dopo arriva, non del tutto inattesa, la telefonata di Olti: "Doc, ti devo parlare...".
Il resto sono dettagli, tipo: devo prendere aspettativa, il mio Primario mi ammazza, e tutti i progetti che ho in piedi nel mio ospedale? Ho appena comprato casa e sono pieno di debiti. Che ne dici Laura? E i figli? Ah già, i figli... ma soprattutto: dove andrò a correre?

Sono passati 11 mesi dall'inaugurazione della clinica e oggi sono a Tirana per un sopralluogo. Nei nuovi turni del reparto dove attualmente ancora lavoro il mio nome compare fino alla notte tra il 5 ed il 6 gennaio 2013. Poi la colonna è vuota.
La sfida è di quelle grosse.
Vivere in Albania, lasciare Laura ed i bambini in Italia e riprendere a fare una vita da pendolare, un lavoro totalmente nuovo, nuove responsabilità.
Ho una immensa opportunità e, sia chiaro, se ho la libertà di scegliere è solo merito di Laura che, nonostante la prevedibile difficoltà che incontrerà nel gestire due bambini ed il suo lavoro di medico, non mi ha mai ostacolato e nemmeno fatto intravedere i suoi giustificati timori.
Ci siamo dati un anno. Poi si tireranno le somme e si deciderà se questa resterà un'esperienza o se sarà il nostro futuro.
Professionalmente in Italia la prospettiva non è rosea e alzarsi in volo evolvendosi da gallina razzolante magari ad anatra o al massimo a fagiano prima dei prossimi 15-20 anni è alquanto improbabile.
Questa è l'occasione per diventare aquila. Da gennaio.