A proposito dei miei amori

«Amo correre, è una cosa che puoi fare contando sulle tue sole forze. Sui tuoi piedi e sul coraggio dei tuoi polmoni.»

Jesse Owens

giovedì 11 dicembre 2014

Pettorale o pettorali?


Scrivo su un foglio di NeoOffice, perché sono troppo pippa per crackare l'originale e installarlo nel mio MacBook, comprato da uno studente di scuola superiore smanettone e un po' nerd qualche anno fa e che non mi ha ancora dato un problema che sia uno.
Scrivo offline perché il mio abbonamento ad internet è scaduto e non riesco ad andare a pagare la quota perché l'ufficio è aperto dalle 9 alle 17 e non esiste alcuna alternativa rispetto al presentarsi allo sportello soldi alla mano. Anche questa è Albania.
Scrivo dal mio letto, come facevo poco meno di 2 anni fa, quando la mia esperienza qui era appena cominciata. Da solo, come allora. 
In due anni sono cambiate molte cose. Non quelle importanti, però. I maligni appassionati di pettegolezzi possono anche fermarsi alle prossime due righe dove scrivo che non mi sono trovato un'amante albanese, non vado per locali a donne e con mia moglie va ancora alla grande, anche se non è sempre stato così.
Ai veri affezionati del blog, quelli che ogni tanto sono passati di qui, quelli che un po' di nostalgia ce l'hanno avuta (pur riuscendo a sopravvivere ugualmente felici), a quelli che, alla fine, qui si sentivano un po' a casa, ho un po' di cose da raccontare.
Mi conosco abbastanza bene per non illudermi che questo sia un nuovo inizio. In poche cose ho avuto costanza nella mia vita. Una di queste è la corsa, ma le dita di una mano sono già troppe per enumerarle. Il blog certamente non fa parte del gruppo.
Vorrei raccontarvi della mia nuova vita da runner salutista, ma non esiste, o quasi. Però abbiate pazienza, ve ne parlo tra un po'. Quindi sì, esiste. O almeno, faccio di tutto perché esista. Vorrei raccontarvi che, dopo che il mio Cardiologo mi ha concesso il certificato di idoneità all'attività sportiva agonistica e raccomandato di gareggiare a 140 bpm (non rendendosi conto che i due termini, "gareggiare" e "140 bpm", nella mia testa non potevano che elidersi a vicenda), ho ritrovato il gusto della corsa e dell'incontro con molti podisti nelle gare della domenica. Ed invece no. Pettorali non ne ho più indossati. Niente più sveglie alle 4.40 per sedute di allenamento mattutino. Poche corse al lago, divenutomi odioso per la continua derisione di cui ero oggetto. Un paio di volte ho reagito ed ho capito che non conviene.
Sono una vittima del cronometro. Per me la corsa era sacrificio finalizzato a conseguire un risultato cronometrico. Immaturo. Sì.
Ma non abbastanza per non essere capace di guardarmi dentro e capire che ciò che mi manca è la sfida. Tutto sta nel trovarne una nuova, che però non può andare slegata dal mio gusto per la forma fisica. Qualcuno mi ha proposto di dedicarmi alla cucina, oppure a suonare uno strumento, ma nessuno di questi hobby consiste in attività che mantengono il fisico in uno stato di forma accettabile. A meno che non usi un pianoforte con tasti larghi un metro e quindi per suonare la canzone della pasta Barilla devi farti l'equivalente di un mezzo giro di pista. Andante, con brio.
Stante che la bicicletta a Tirana è il mezzo che con maggior sicurezza ti conduce in ortopedia e che non ho mai praticato il nuoto a livello tale da poterlo considerare attività sportiva, ho ripiegato sulla palestra (un minuto da casa a piedi, 28 euro abbonamento mensile, 4 ingressi a settimana, anche questo è Albania). Dopo poche settimane ho cominciato a notare dei cambiamenti nel mio corpo. Delle rotondità “di pregio” se vogliamo dire così, che in qualche modo mi hanno fatto dimenticare i miei fianchi non più concavi (diciamocelo, quando corri 60-70 o anche 100 km alla settimana per anni, puoi anche fare il porco a tavola che comunque i pantaloni ti cadono sempre, ma appena smetti, maledici quella volta che hai preso il 48 al posto del 50). Viene da sé che, partendo da una bassa percentuale di massa grassa e da muscoli della parte alta del corpo poco sviluppati, piccoli risultati saltano subito all'occhio. Ecco allora che nasce una nuova sfida: ottenere un corpo armonico, esteticamente soddisfacente. Il vantaggio è che a tal fine non è necessario spaccarsi di pesi (cosa che non posso fare, al pari della corsa competitiva) e nel frattempo è indispensabile mantenere bassa la massa grassa con l'attività aerobica. Il mio nuovo obiettivo mi da la forza di allenarmi in palestra 4 volte alla settimana strutturando l'allenamento in una parte aerobica (almeno 10 km di corsa) ed una parte dedicata alla cura di diversi gruppi muscolari. La domenica, quando possibile, faccio ritorno alle mie origini di podista: le marce FIASP. Qui ho la possibilità di percorrere 13-15 km (ora non sarei in grado di correre di più senza poi avere necessità di due stampelle per i giorni successivi, attrezzi che mi sarebbero di non poco impiccio al controllo di sicurezza del lunedì mattina, in aeroporto) totalizzando, nelle settimane migliori, circa 50 km (cosa che è più un'utopia che una realtà, visto che spesso 1 o 2 allenamenti alla settiman saltano per cause lavorative o, raramente, sociali). Ma della realtà poco mi importa. Essa non è altro che la combinazione della mia forza di volontà e degli eventi che ad essa si oppongono. E la prima l'ho ritrovata.
Ecco, da domenica mi ronzava in testa di riprendere il blog (grazie amico omonimo incontrato a Starazano) e cose da dire ne avrei tante. Avrei potuto dar loro un ordine, oppure enunciare i temi per poi esporli nei post successivi. Ed invece, come al solito, ho lasciato correre i pensieri (almeno loro possono farlo senza limiti di bpm), anzi le dita sulla tastiera. Non sono il tipo che mette i post in una cartella e poi li legge, li corregge, li rilegge e poi, quando sono "perfetti" li pubblica. Io non li rumino. Li vomito. E mi piacerebbe anche dare una direzione nuova al blog (un nuovo tema? Libri letti? Medicina? Cucina balcanica?) ma lo so che non sarò in grado di farlo. Del resto qui dentro ci ho messo la mia vita, fatta soprattutto di corsa, almeno fino ad un anno fa. E continuerò a farlo, con i nuovi equilibri che la mia vita mi ha imposto, inevitabilmente.
Forse perderò qualcuno dei miei (pochi) lettori e qualcuno lo guadagnerò (anche meno) ma a dire il vero è un bel po' che non mi interesso a quanti leggono. 
Senza offesa per nessuno, io scrivo perché e quando mi piace farlo e poco mi importa (poco eh, non ho detto “niente”) se pochi leggono e nessuno commenta. In questo non ho bisogno né di obiettivi, né di sfide. 
Peccato solo che a battere tasti si consumano, ad essere ottimisti, le calorie di un Pavesino.

mercoledì 19 marzo 2014

Questione di numeri

"Stefano, ascoltami, si può fare una vita piena di soddisfazione anche correndo la mezza in 1h40 a fc 130-140 in beta e godersi per decenni la famiglia il lavoro l'Albania o quel che vuoi tu... ascoltami"

Sembra una frase piena di verità scontate, ma, cari runner, metteteci il vostro nome al posto del mio e provate a sentire cosa vi dice il cuore. Se poi a dirvela è il vostro Cardiologo, mi sembra che per molti di voi potrebbe suonare come una condanna a morte, quanto meno a quella sportiva.

In passato molte volte mi sono interrogato su quale fosse il vero stimolo al mio correre e troppo spesso mi sono mentito dicendomi che era soprattutto l'amore per questo sport. Era invece, prima di ogni altra cosa, una sfida ai miei limiti, un continuo tentativo di ridurre quel numeretto al traguardo, un rincorrere un miglioramento che, lo sappiamo tutti, prima o dopo sarebbe inesorabilmente finito. Motivazione psicologicamente poco sana, che nasconde certamente insicurezza ed il bisogno di trovare il proprio valore in un risultato, che però mi ha permesso di uscire dalle coperte quasi sempre al buio, spesso al freddo, lottando contro il sonno, i cani, le gambe legnose.

I NUMERI.
Ma quali sono questi portentosi numeri che hanno mosso la mia vita negli ultimi 7 anni? 3.03 il primo, 1.23 il secondo. Numeri di nessun valore per chi non corre, e di scarsissimo valore oggettivo anche per chi corre. Ma alle 5 del mattino facevano la differenza. Visti da fuori però, che gran poca cosa sembrano adesso.

EXTRASISTOLI.
Il 2014 doveva essere l'anno del primo assalto alle 3 ore. Programma: almeno 3 mezze sull'ora e ventidue e poi Valencia a 4'20''. Prima tappa: mezza di Ferrara, 16 marzo 2014. Iscritto, albergo prenotato per 4, ripetute all'alba sognando di tagliare il traguardo con Leonardo davanti al castello. Dopo 2 settimane di preparazione con condizione in netto miglioramento il cuore inciampa, quattro-cinque volte al minuto. Sono extrasistoli, lo so, è il mio mestiere. Passano uno, due, dieci giorni e il disturbo non peggiora, ma neanche migliora. A tre settimane dalla gara sospendo gli allenamenti. A tre giorni dalla sospensione il mio cuore torna silenzioso come sempre.

IL POST GARA
A Ferrara non voglio rinunciare. E' l'occasione per stare con i miei amici e la mia famiglia. Nessun rimpianto per non poter correre, solo la gioia di vedere gli amici arrivare al traguardo, chi deluso, chi vincente, e la gioia di stare ore a bordo strada ad incitare tutti, con Leonardo. Con le gare mi sembra di avere già chiuso. L'ho detto, è il mio mestiere.
Lunedì sera mi aspetta Andrea in ambulatorio.

LUNEDI'.
Andrea di Lenarda è il più grande esperto di miocardiopatia dilatativa, la malattia di mia mamma, in Europa (e forse nel mondo). Andate su PubMed e mettete il suo nome. 115 articoli su riviste internazionali mettono soggezione anche ai Colleghi. Gli rubo novanta minuti di visita, ben più di una mezza, nel suo studio dove fanno bella mostra di sé alcune fotografie formato maxi. In una di queste Andrea taglia il traguardo a NY, in un'altra a Venezia. Mi dice che devo calmarmi. Niente più maratona. Niente più gare. Il mio cuore sta bene, ma non si sa tutto sull'andamento di questa malattia e scommettere sulla tenuta del muscoletto che sta tra i polmoni sarebbe una roulette russa.

MARTEDI'.
Di nuovo a Tirana. Sta per calare la sera. Dopo 3 settimane rimetto le scarpette e mi avvio al lago. Mi metto a velocità confortevole. Dopo 5 chilometri mi fermo. Prendo il polso: 132. Altro giro. In chiusura mi permetto una sgasata di 150 metri, giusto per sentire l'aria sulla faccia.
E' una bella serata, è una bella corsa, è una bella vita.
E' una nuova serata, è una nuova corsa,  è una nuova vita.

SMS stamattina:
Turco: ieri corsi 12 k tenendo 135 bpm. Sto diventando bravo.
Andrea: ci hai messo il tuo tempo, meglio tardi che mai.

Alla fine è sempre e solo questione di numeri.