A proposito dei miei amori

«Amo correre, è una cosa che puoi fare contando sulle tue sole forze. Sui tuoi piedi e sul coraggio dei tuoi polmoni.»

Jesse Owens

lunedì 12 luglio 2010

Nera

E' proprio crisi nera.
Piedi incollati all'asfalto, gambe pesanti come il piombo. Anche il falsopiano mi fa sbuffare come una locomotiva.
Oggi portare a termine 19 km di LL è stato un sacrificio. Gli ultimi km li ho trascinati a 5'30'', a occhio. Sofferenza pura.
Sarà il salasso? Sarà la faringite? Sarà il caldo? Sarà l'antibiotico?
Sarà che uscire è sempre un sacrificio.
Passerà?

giovedì 8 luglio 2010

Traslaval 2010

Solo ieri sono riuscito a non piangere durante la corsa lenta. Questa corsa a tappe in montagna ha lasciato dolori da post-maratona, forse anche peggio.
Patisco soprattutto ai muscoli posteriori di coscia e gamba. Continuo ad essere imballato ed i cambi di ritmo mi comportano dolori, fiatone e sensazione di gambe legate, lente, impacciate.
Traslaval, gara sui generis, almeno per me, che non corro in montagna, che non corro a tappe.
Ciò che rimane è soprattutto la sensazione di aver partecipato ad una manifestazione al cui centro c'è il runner, con pochi fronzoli e tanta sostanza.
Organizzazione praticamente impeccabile, tanti ristori, anche nelle tappe più brevi e nei posti più impervi. Tanti volontari ad avvisare dei punti pericolosi o difficili e ad incitarti, a dirti che la parte dura è finita. Trasporti gratuiti in navetta ed in seggiovia quando start e finish si venivano a trovare in luoghi difficili da raggiungere altrimenti. Il presidente a 100 metri di ogni arrivo a dirti "bravo" e all'ultima tappa era dopo la linea del traguardo a dare il 5 a tutti. 5 tappe. Bella maglia tecnica. Iscrizione 37 euro.
Alla fine mi è venuto un groppo. Non solo per il panorama dalla Baita Paradiso (un nome in perché) ma per la sensazione di aver portato a termine una piccola impresa.
Nulla di sensazionale a livello prestativo, anzi, rispetto alle gare in pianura mi sono piazzato ben più indietro. Il primo ha chiuso in 3 ore 45' io in 5 ore 15'. Un abisso, peraltro pieno di arzilli sessantenni dai polpacci d'acciaio che in salita non c'era modo di staccare, e spesso neanche di raggiungere.
Ho gestito discretamente bene le energie. Dopo un prima tappa cauta, nella seconda e terza ho recuperato molte posizioni (circa una ventina), assestandomi attorno alla ottantesima posizione.
Ho patito forte solo nella quinta tappa, caratterizzata da tre salite dure, non durissime, ma sulle quali i piedi non volevano proprio alzarsi.
Il verdetto di questa Traslaval è frutto di due elementi divenuti evidenti già dalla prima tappa: in salita non faccio la differenza e nelle discese tecniche mediamente perdo terreno. Che poi sono i due elementi caratteristici della corsa in montagna. Ma se delle discese tecniche me ne frego (una caviglia vale molto di più di una posizione in classifica, a tutti i livelli), per la salita mi rendo conto di quanta strada separi il runner di pianura dal montanaro. Probabilmente ci sarà una certa propensione e sicuramente chi va fortissimo in pianura andrà abbastanza bene anche inmontagna. Ma per la salita, quella dura, quella sopra il 18-20% ci vuole un allenamento specifico e prolungato. Utopia prepararsi per la Translaval facendo ripetute di 1 km su salite al 7%. Che comunque mi distruggevano, ma che probabilmente richiedono un impegno muscolare diverso dalle ascese di 500 metri in 2-3 km che abbiamo affrontato in Val di Fassa.
Ne esco bastonato, ma felice. Perché l'esperienza di correre in montagna ti lascia sfinito, ma pieno di meraviglia per il posto in cui sei immerso, entusiasta per un modo di correre che non è soltanto avanzare, ma anche salire.
Unica e maiuscola nota negativa, i soliti imbecilli.
Calca alla partenza di ogni tappa, con decine di persone piantate alla prima asperità e grossissime difficoltà al sorpasso sui sentieri. Per cinque tappe ho superato dopo i primi 2-3 km le stesse 100-150 persone sfinite da una partenza a razzo. Mi chiedo come sia possibile non imparare dagli errori e commetterne di identici ogni giorno, soffrendo come cani per 2/3 della gara e finire sulle ginocchia prendendo mezz'ora anche dagli scarsi come me. E poi, pacchetti di maltodestrine gettati lungo i sentieri, bicchieri di plastica lanciati fuori dai sacchi dell'immondizia ai ristori. E gomitate sulle strettoie per conquistarsi due posizioni, puntualmente perse nei 30 metri successivi.
Se vi raccontano che nelle corse in montagna "si respira un'aria diversa, c'è meno 'agonismo', si instaura più solidarietà tra partecipanti..." non ci credete. I cretini sono anche là, anzi prosperano, nella speranza che in queste gare un po' particolari, con una partecipazione limitata, la furbata frutti una bella bottiglia di vino ed un paio di calzini. Bravi. Tapascioni non consapevoli.