Di ritorno dalla mia prima maratona internazionale sono pieno di entusiasmo.
La città di Vienna è molto bella e, anche se il clima non è stato sempre favorevole, siamo riusciti a passeggiare per le vie del centro e tra i maestosi palazzi di cui la capitale austriaca è ricca.
L'impressione è quella di un'opulenza eccessiva, di una grandiosità fine a se stessa, frutto di una insaziabile fame di apparenza e lusso da parte degli Asburgo. Abbiamo goduto poco dei musei e dell'arte esposta a Vienna a causa della presenza dei bambini ma abbiamo cercato di viverla per le strade ed i parchi. Certo, non è mancata la visita al cafè Sacher con l'assaggio dell'omonima torta (la cui ricetta segreta si dice sia custodita dai propietari della pasticceria) ed un giro sulla ruota panoramica al Prater.
L'accoglienza di giovedì pomeriggio non è stata delle migliori: pioggia e 40' minuti in coda in tangenziale. La pioggia ed il vento freddo ci hanno accompagnato per tutta la serata, costringendo i bambini dietro un telo impermeabile. Cena a base di carboidrati, cosa non facilissima da trovare a Vienna se non frammista ad enormi quantità di formaggi e uova, con la Pimpi che si getta sulla prima delle numerose wienerschnitzel della nostra vacanza.
Notte di sonno difficile, più per il materasso duro e per la rumorosità della stanza che per questioni emotive. Leonardo si comporta benissimo e dorme tranquillo tutta la notte.
Da due settimane mi alzo alle 6.30 per adattarmi all'orario di sveglia del giorno X e così faccio anche venerdì. Appuntamento con Max alle ore 7.00 in reception e sgambatina lungo il canale Danubio che passa a pochi metri dal nostro hotel, con deviazione al Prater e giro del mitico stadio. Le gambe stanno abbastanza bene e mi diletto con tre km in progressione a sensazione, chiudendo l'ultimo a 3'53'' senza eccessivi affanni. Quello che un po' disturba è il vento, costante e fastidioso, freddo.
In mattinata passeggiata per le vie di Vienna con famiglie al seguito e nel pomeriggio ritorno al Prater con giro del luna park e successivo ritiro del pettorale.
Tutto è sistemato in un'area coperta della fiera. Coda per ritiro pettorale=0, coda per ritiro chip=0, coda per ritiro pacco gara=0. Rapido giro per gli stand, tra l'altro molto numerosi e discretamente forniti, acquisto regalo per Pimpi (maglia tecnica UnderArmour molto bella) e via verso casa.
Sabato è la vigilia. Ho notato un borbottio delle mogli circa il fatto che tutto ruoti attorno a questa benedetta maratona. Sulle prime mi sembra una critica, e forse è uno sfogo, ma poi capisco che hanno ragione. In fondo sono qui per correre. Mi alzo comunque abbastanza presto e portiamo i bambini al museo a loro dedicato (zoom-kindermuseum). Per inciso, sotto l'anno e mezzo il posto è poco godibile, se poi ci mettiamo che le animatrici parlano solo in tedesco ed inglese, posso dire che Leonardo ha usufruito poco del biglietto. In ogni caso il costo è modesto (3.5 euro per un'ora).
Nel pomeriggio io e Max rientriamo in albergo con i bambini e le mogli se ne vanno per negozi. Mi sforzo di non dormire e fatico a leggere nella penombra della stanza dedicata al sonno di Leo.
Verso le sei sveglio il guerriero ed approfitto del rientro di Pimpi per dedicarmi al rito della preparazione della borsa. La mattina sono uscito verso le otto e mezza per saggiare la temperatura e sono andato incontro a Laura che era uscita per una sgambata di un'ora. Fidandomi anche delle sue impressioni, decido di correre in maniche corte con un'intimo contro il vento freddo. Inoltre metto in borsa i manicotti ed i ciclisti, abbandonando definitivamente l'idea del pantaloncino ed il rischio di abrasioni a livello di adduttori.
Si conclude qui la riflessione sul ritmo gara da tenere e mi scrivo sull'avambraccio sinistro i passaggi ogni 5 km, secondo uno schema di obiettivo di minima (4'35'' fino al 25°, quindi 4'30'' fino al traguardo) con una proiezione di passaggio al 40° di 3 ore e 2'.
Cena in un locale consigliatoci dall'albergo, da dimenticare. Il cameriere (o era anche gestore proprietario?) ci ha odiati dal primo momento (forse perché noi italiani abbiamo questa pessima abitudine di cenare alle 20.30 e non alle 18 come loro) fino a quando siamo usciti (e probabilmente anche oltre, visto il disastro che Leo ed Ema hanno lasciato sotto il tavolo).
Io scelgo un piatto di gnocchi al formaggio e Max, coraggiosamente, spaghetti in bianco per la modica cifra di 9 euro e 80! Alle 23 sono a letto e dormo il sonno del maratoneta, quello tranquillo, però, con solo 3 risvegli fugaci, a ridosso della sveglia (l'avrò messa giusta? funziona?).
Colazione: 2 Wasa con marmellata, 1 bicchiere d'acqua, un tazza piccola di tè. Due sedute al cesso, come da copione. La prossima nei cessi chimici.
Alle 7 sono in metro con Max. In cinque minuti siamo alla partenza. C'è ancora poca gente, mancano due ore allo start. Mi metto al sole. Preparo i sacchi dell'immondizia da indossare. Ci saranno 7-8 gradi con vento in aumento. Max si prepara le munizioni al cinturone Kalenji. Lo vedo teso. Oggi vuole correre nettamente sotto il suo personale, ottenuto l'anno scorso a Treviso con 22 km di lunghissimo sulle gambe (!) in una giornata meteorologicamente terribile. Gli chiedo l'ultima cortesia: tienimi la borsa che vado al cesso (e tre!). Di ritorno dalla deposizione dell'orrido contenuto dei visceri ritrovo Simone, Luca ed Alessia. Simone, al suo esordio sulla distanza, con grande coraggio. Solo un anno fa derideva chi correva più di un quarto d'ora. Luca, mezzo maratoneta di primo pelo, al rientro da un guaio come calciatore si è convertito al running, da subito con risultati più che buoni. Alessia, brava maratoneta, già con una certa esperienza, alla ricerca del personale sui 42.195. In quel momento non penso che è davvero un bel regalo per tutti essere lì insieme, a vivere un'esperienza che abbiamo sognato e preparato per mesi. In quel momento vedere quei volti è la cosa più normale del mondo. Mi rendo conto che lì, alla partenza, tutte le mie energie, anche quelle emotive, sono rivolte alla corsa. Non ho paura, non penso all'andatura, non penso alla distanza, non penso al vento. Sono pronto.
Ci salutiamo con una stretta di mano. Max lo abbraccio. Sarà dura, per lui più di tutti.
Mi metto in gabbia. Ho fatto 1 km di riscaldamento, un po' di stretching. Chiudo gli occhi. Intorno a me non c'è nessuno che io conosca. Per un quarto d'ora mi rilasso, mi concentro. Ogni tanto apro gli occhi e vedo l'elicottero che gira, la gente affacciata alle finestre dei grattacieli e al muretto della sopraelevata della metro, un tipo a piedi scalzi davanti a me, una ragazza in top e short, piena di freddo.
Start.
Nonostante i 30.000 partenti, io sono in una buona posizione, grazie al mio 3.17 dichiarato come miglior tempo (Treviso 2009) e perdo solo un paio di minuti per raggiungere il tappeto. Clicco e comincia l'avventura, la mia prima in terra straniera. Non mi passa nulla per la testa. Me ne frego dell'andatura e penso solo a rimanere in piedi nella folla. Già dopo poche centinaia di metri posso godere della vista sul Danubio e sulla città. Km 1: 5'05''. Lento. Chissenefrega. Mi strappo i sacco nero e lo tengo in mano. Il secondo km arriva subito: 4'35''. Ok. Ho 30'' da recuperare entro il 25° km, per cui niente paura. Sfrutto il vento a favore lungo i vialoni del Prater e lungo il canale, senza spingere sui saliscendi che sfiorano i numerosi ponti. resto tra i 4'30'' e i 4'35''. Al 5° km ho ancora una ventina di secondi di ritardo e sto bene. Stiamo correndo su un tratto in cui compaiono anche i cartelli del 37°-38° km. Mi dico: arrivo. Verso il 10° passiamo nelle vicinanze del nostro albergo. Chissà se Laura è qui... mi sforzo di cercarla tra la folla che forma un muro ad entrambi i lati della strada. Poco dopo lascio stare. Devo essere concentrato sulla gara. Al km 13 comincio a sanguinare dalla narice destra. Percorro 1 km con il naso tappato. Poi ricomincia. Inghiotto il liquido denso ma non voglio farlo troppe volte per non avere problemi di digestione. Comprimo ancora ed il flusso si riduce. Verso il sedicesimo km scende solo qualche goccia. Ho le mani rosse, non oso pensare la faccia. Ci immettiamo su un lungo rettilineo in lieve ascesa, con le spalle al castello di Schonnbrunn (l'ho scoperto dopo, però). Questo è un tratto duro perché c'è un forte vento traverso che mi accompagnerà fino alla mezza. Il ritmo però e buono. Dopo il 20° la merea umana si dirada, perché il percorso della mezza si divide da quello della maratona. Sto bene. Al tappeto della mezza mi aspettano Laura, Leo, Elo ed Ema. Chiamo Leonardo e lo vedo un po' stordito da tutto quel movimento. Il passaggio è in linea con le aspettative (1h 36' 47'') e sento di poter cominciare a muovermi un po'. I crono successivi sono un po convulsi perché non vedo bene i cartelli dei km. Prendo un 14'04'' ad un parziale di 3 km che mi sembra decisamente lento ma non mi sembra di aver rallentato. Sto sereno. Comincio a mangiare, con qualche difficoltà di fiato. Ai ristori mi fermo in tre passi, butto giù un sorso d'acqua ed in tre passi sono già a regime. Perdo forse 5-6 secondi. I km scorrono e si torna sul lungofiume, con vento forte contrario tra il 25° ed il 30°. Questo sarà l'unico split dei 5 km in leggero calo. Quindi verso il 32° si rientra al Prater. Il vento è traverso e siamo ancora lontani dall'arrivo. C'è un lungo rettilieno di circa 2,5 km, infinito, da fare in andata e poi in ritorno, ma l'organizzazione ci ha messo il tocco da maestro. Incrociamo runner sotto le tre ore e ogni 400-500 metri c'è una cassa dai cui escono musiche epiche, fiati, timpani, grancasse, violini. Insomma roba da Signore degli anelli o Brevehart. Mi vieno un groppo in gola che devo sputare fuori, ma le energie, quelle nervose, è meglio che le tengo. Alla fine del rettilineo si torna indietro. Ora il vento è a favore e la musica spinge. Oltre il 34° km mi sembra di volare. Faccio un paio di km attorno ai 4'17'' e mi costringo a rallentare. E faccio bene. In uscita dal Prater mi attendono altre salite, brevi, ma salite. Cerco di spingere senza esagerare. Ormai da molti chilometri sto rimontando centinaia di posizioni. Sono rari i runner che mi superano e quasi esclusivamente staffettisti. Al 38° si sale sull'ultimo ponte. Per la prima volta accorcio il passo e abbasso la testa. Ho ancora energie ma non le sprecherò certo a 4 km dalla fine. Sento la voce di Max. Lo incrocio nella marea dei runner che transitano al 28° km e lo vedo bene, molto bene.
Da qui in poi è dura, ma la strada scorre. Mi pongo piccoli obiettivi: 40° km. Non so bene dove stiamo passando ma le gambe vanno, non proprio in scioltezza, ma ci sono. Passo al 40° in 3h01'12''. Obiettivo di minima ampiamente raggiunto, capisco però che non potrò stare sotto le 3h10'. Questo non vuol dire però che mollo. Dopo una svolta la strada comincia a salire. Ricordavo, dallo schema altimetrico, che gli ultimi 2 km erano a salire. Si tratta di falsopiano, in rettilineo, interrotto da tre leggere curve. Le gambe sono pesanti, legate, ma non mollo. Il fiato c'è, la testa anche. E poi ho un tesoro da raccogliere al 42°. Passa il cartello del 41° e mi impongo di non gurdare l'orologio. Lo guardo dopo un tempo che mi sembra mezz'ora e segna 2'15'' dall'ultimo click. Do fondo alle energie, a 200 metri dal 42° caccio un urlo, vedo la curva finale. Non clicco al 42°, prendo in braccio Leonardo e me lo porto all'arrivo. Lo guardo in faccia e lui è raggiante. Ride come un matto e si guarda in giro. La folla assiepata urla ed applaude, sembra uno stadio. Lo devo cambiare di braccio due volte, corricchio e cammino per i 195 metri più belli di tutta la mia breve carriera podistica. Oltre il traguardo me lo abbraccio e Leonardo ride, felice. Sto bene, faccio mettere la medaglia al collo del piccolo. Mi godo 2 minuti con lui dopo l'arrivo, lo faccio camminare. Mi vengono anche due singhiozzi e gli occhi lustri. Poi lo riconsegno a Laura che, credo, si renda conto che sto meglio rispetto a precedenti gare.
Il resto è scambio di emozioni con gli amici. Attendo Max a 500 metri dal traguardo. Lo vedo affaticato e gli urlo che è un leone. Anche stavolta ha sofferto, ma ha abbassato di 4' il suo personale, entrando in difficoltà al 36° km.
Simone, al grande esordio, chiude in 2h05', sottovalutandosi e partendo troppo piano. Luca, un po' deluso, chiude in 1h47', con ampio margine. Alessia chiude in 3h40' di tutto rispetto (e anche per lei è PB).
L'onda dell'emozione è lunga ed arriva ad oggi e proseguirà ancora per tanti giorni. Quest anno ho fatto pace con la maratona dopo due liti a Treviso nel 2008 e 2009. Ora so quanti sono 42 km e finalmente mi rendo conto che riesco a correrli tutti, senza che la fatica rovini la festa.
La sera finalmente mi ammazzo con una wienerschitzel ed 1 litro di birra. Me li merito.
La città di Vienna è molto bella e, anche se il clima non è stato sempre favorevole, siamo riusciti a passeggiare per le vie del centro e tra i maestosi palazzi di cui la capitale austriaca è ricca.
L'impressione è quella di un'opulenza eccessiva, di una grandiosità fine a se stessa, frutto di una insaziabile fame di apparenza e lusso da parte degli Asburgo. Abbiamo goduto poco dei musei e dell'arte esposta a Vienna a causa della presenza dei bambini ma abbiamo cercato di viverla per le strade ed i parchi. Certo, non è mancata la visita al cafè Sacher con l'assaggio dell'omonima torta (la cui ricetta segreta si dice sia custodita dai propietari della pasticceria) ed un giro sulla ruota panoramica al Prater.
L'accoglienza di giovedì pomeriggio non è stata delle migliori: pioggia e 40' minuti in coda in tangenziale. La pioggia ed il vento freddo ci hanno accompagnato per tutta la serata, costringendo i bambini dietro un telo impermeabile. Cena a base di carboidrati, cosa non facilissima da trovare a Vienna se non frammista ad enormi quantità di formaggi e uova, con la Pimpi che si getta sulla prima delle numerose wienerschnitzel della nostra vacanza.
Notte di sonno difficile, più per il materasso duro e per la rumorosità della stanza che per questioni emotive. Leonardo si comporta benissimo e dorme tranquillo tutta la notte.
Da due settimane mi alzo alle 6.30 per adattarmi all'orario di sveglia del giorno X e così faccio anche venerdì. Appuntamento con Max alle ore 7.00 in reception e sgambatina lungo il canale Danubio che passa a pochi metri dal nostro hotel, con deviazione al Prater e giro del mitico stadio. Le gambe stanno abbastanza bene e mi diletto con tre km in progressione a sensazione, chiudendo l'ultimo a 3'53'' senza eccessivi affanni. Quello che un po' disturba è il vento, costante e fastidioso, freddo.
In mattinata passeggiata per le vie di Vienna con famiglie al seguito e nel pomeriggio ritorno al Prater con giro del luna park e successivo ritiro del pettorale.
Tutto è sistemato in un'area coperta della fiera. Coda per ritiro pettorale=0, coda per ritiro chip=0, coda per ritiro pacco gara=0. Rapido giro per gli stand, tra l'altro molto numerosi e discretamente forniti, acquisto regalo per Pimpi (maglia tecnica UnderArmour molto bella) e via verso casa.
Sabato è la vigilia. Ho notato un borbottio delle mogli circa il fatto che tutto ruoti attorno a questa benedetta maratona. Sulle prime mi sembra una critica, e forse è uno sfogo, ma poi capisco che hanno ragione. In fondo sono qui per correre. Mi alzo comunque abbastanza presto e portiamo i bambini al museo a loro dedicato (zoom-kindermuseum). Per inciso, sotto l'anno e mezzo il posto è poco godibile, se poi ci mettiamo che le animatrici parlano solo in tedesco ed inglese, posso dire che Leonardo ha usufruito poco del biglietto. In ogni caso il costo è modesto (3.5 euro per un'ora).
Nel pomeriggio io e Max rientriamo in albergo con i bambini e le mogli se ne vanno per negozi. Mi sforzo di non dormire e fatico a leggere nella penombra della stanza dedicata al sonno di Leo.
Verso le sei sveglio il guerriero ed approfitto del rientro di Pimpi per dedicarmi al rito della preparazione della borsa. La mattina sono uscito verso le otto e mezza per saggiare la temperatura e sono andato incontro a Laura che era uscita per una sgambata di un'ora. Fidandomi anche delle sue impressioni, decido di correre in maniche corte con un'intimo contro il vento freddo. Inoltre metto in borsa i manicotti ed i ciclisti, abbandonando definitivamente l'idea del pantaloncino ed il rischio di abrasioni a livello di adduttori.
Si conclude qui la riflessione sul ritmo gara da tenere e mi scrivo sull'avambraccio sinistro i passaggi ogni 5 km, secondo uno schema di obiettivo di minima (4'35'' fino al 25°, quindi 4'30'' fino al traguardo) con una proiezione di passaggio al 40° di 3 ore e 2'.
Cena in un locale consigliatoci dall'albergo, da dimenticare. Il cameriere (o era anche gestore proprietario?) ci ha odiati dal primo momento (forse perché noi italiani abbiamo questa pessima abitudine di cenare alle 20.30 e non alle 18 come loro) fino a quando siamo usciti (e probabilmente anche oltre, visto il disastro che Leo ed Ema hanno lasciato sotto il tavolo).
Io scelgo un piatto di gnocchi al formaggio e Max, coraggiosamente, spaghetti in bianco per la modica cifra di 9 euro e 80! Alle 23 sono a letto e dormo il sonno del maratoneta, quello tranquillo, però, con solo 3 risvegli fugaci, a ridosso della sveglia (l'avrò messa giusta? funziona?).
Colazione: 2 Wasa con marmellata, 1 bicchiere d'acqua, un tazza piccola di tè. Due sedute al cesso, come da copione. La prossima nei cessi chimici.
Alle 7 sono in metro con Max. In cinque minuti siamo alla partenza. C'è ancora poca gente, mancano due ore allo start. Mi metto al sole. Preparo i sacchi dell'immondizia da indossare. Ci saranno 7-8 gradi con vento in aumento. Max si prepara le munizioni al cinturone Kalenji. Lo vedo teso. Oggi vuole correre nettamente sotto il suo personale, ottenuto l'anno scorso a Treviso con 22 km di lunghissimo sulle gambe (!) in una giornata meteorologicamente terribile. Gli chiedo l'ultima cortesia: tienimi la borsa che vado al cesso (e tre!). Di ritorno dalla deposizione dell'orrido contenuto dei visceri ritrovo Simone, Luca ed Alessia. Simone, al suo esordio sulla distanza, con grande coraggio. Solo un anno fa derideva chi correva più di un quarto d'ora. Luca, mezzo maratoneta di primo pelo, al rientro da un guaio come calciatore si è convertito al running, da subito con risultati più che buoni. Alessia, brava maratoneta, già con una certa esperienza, alla ricerca del personale sui 42.195. In quel momento non penso che è davvero un bel regalo per tutti essere lì insieme, a vivere un'esperienza che abbiamo sognato e preparato per mesi. In quel momento vedere quei volti è la cosa più normale del mondo. Mi rendo conto che lì, alla partenza, tutte le mie energie, anche quelle emotive, sono rivolte alla corsa. Non ho paura, non penso all'andatura, non penso alla distanza, non penso al vento. Sono pronto.
Ci salutiamo con una stretta di mano. Max lo abbraccio. Sarà dura, per lui più di tutti.
Mi metto in gabbia. Ho fatto 1 km di riscaldamento, un po' di stretching. Chiudo gli occhi. Intorno a me non c'è nessuno che io conosca. Per un quarto d'ora mi rilasso, mi concentro. Ogni tanto apro gli occhi e vedo l'elicottero che gira, la gente affacciata alle finestre dei grattacieli e al muretto della sopraelevata della metro, un tipo a piedi scalzi davanti a me, una ragazza in top e short, piena di freddo.
Start.
Nonostante i 30.000 partenti, io sono in una buona posizione, grazie al mio 3.17 dichiarato come miglior tempo (Treviso 2009) e perdo solo un paio di minuti per raggiungere il tappeto. Clicco e comincia l'avventura, la mia prima in terra straniera. Non mi passa nulla per la testa. Me ne frego dell'andatura e penso solo a rimanere in piedi nella folla. Già dopo poche centinaia di metri posso godere della vista sul Danubio e sulla città. Km 1: 5'05''. Lento. Chissenefrega. Mi strappo i sacco nero e lo tengo in mano. Il secondo km arriva subito: 4'35''. Ok. Ho 30'' da recuperare entro il 25° km, per cui niente paura. Sfrutto il vento a favore lungo i vialoni del Prater e lungo il canale, senza spingere sui saliscendi che sfiorano i numerosi ponti. resto tra i 4'30'' e i 4'35''. Al 5° km ho ancora una ventina di secondi di ritardo e sto bene. Stiamo correndo su un tratto in cui compaiono anche i cartelli del 37°-38° km. Mi dico: arrivo. Verso il 10° passiamo nelle vicinanze del nostro albergo. Chissà se Laura è qui... mi sforzo di cercarla tra la folla che forma un muro ad entrambi i lati della strada. Poco dopo lascio stare. Devo essere concentrato sulla gara. Al km 13 comincio a sanguinare dalla narice destra. Percorro 1 km con il naso tappato. Poi ricomincia. Inghiotto il liquido denso ma non voglio farlo troppe volte per non avere problemi di digestione. Comprimo ancora ed il flusso si riduce. Verso il sedicesimo km scende solo qualche goccia. Ho le mani rosse, non oso pensare la faccia. Ci immettiamo su un lungo rettilineo in lieve ascesa, con le spalle al castello di Schonnbrunn (l'ho scoperto dopo, però). Questo è un tratto duro perché c'è un forte vento traverso che mi accompagnerà fino alla mezza. Il ritmo però e buono. Dopo il 20° la merea umana si dirada, perché il percorso della mezza si divide da quello della maratona. Sto bene. Al tappeto della mezza mi aspettano Laura, Leo, Elo ed Ema. Chiamo Leonardo e lo vedo un po' stordito da tutto quel movimento. Il passaggio è in linea con le aspettative (1h 36' 47'') e sento di poter cominciare a muovermi un po'. I crono successivi sono un po convulsi perché non vedo bene i cartelli dei km. Prendo un 14'04'' ad un parziale di 3 km che mi sembra decisamente lento ma non mi sembra di aver rallentato. Sto sereno. Comincio a mangiare, con qualche difficoltà di fiato. Ai ristori mi fermo in tre passi, butto giù un sorso d'acqua ed in tre passi sono già a regime. Perdo forse 5-6 secondi. I km scorrono e si torna sul lungofiume, con vento forte contrario tra il 25° ed il 30°. Questo sarà l'unico split dei 5 km in leggero calo. Quindi verso il 32° si rientra al Prater. Il vento è traverso e siamo ancora lontani dall'arrivo. C'è un lungo rettilieno di circa 2,5 km, infinito, da fare in andata e poi in ritorno, ma l'organizzazione ci ha messo il tocco da maestro. Incrociamo runner sotto le tre ore e ogni 400-500 metri c'è una cassa dai cui escono musiche epiche, fiati, timpani, grancasse, violini. Insomma roba da Signore degli anelli o Brevehart. Mi vieno un groppo in gola che devo sputare fuori, ma le energie, quelle nervose, è meglio che le tengo. Alla fine del rettilineo si torna indietro. Ora il vento è a favore e la musica spinge. Oltre il 34° km mi sembra di volare. Faccio un paio di km attorno ai 4'17'' e mi costringo a rallentare. E faccio bene. In uscita dal Prater mi attendono altre salite, brevi, ma salite. Cerco di spingere senza esagerare. Ormai da molti chilometri sto rimontando centinaia di posizioni. Sono rari i runner che mi superano e quasi esclusivamente staffettisti. Al 38° si sale sull'ultimo ponte. Per la prima volta accorcio il passo e abbasso la testa. Ho ancora energie ma non le sprecherò certo a 4 km dalla fine. Sento la voce di Max. Lo incrocio nella marea dei runner che transitano al 28° km e lo vedo bene, molto bene.
Da qui in poi è dura, ma la strada scorre. Mi pongo piccoli obiettivi: 40° km. Non so bene dove stiamo passando ma le gambe vanno, non proprio in scioltezza, ma ci sono. Passo al 40° in 3h01'12''. Obiettivo di minima ampiamente raggiunto, capisco però che non potrò stare sotto le 3h10'. Questo non vuol dire però che mollo. Dopo una svolta la strada comincia a salire. Ricordavo, dallo schema altimetrico, che gli ultimi 2 km erano a salire. Si tratta di falsopiano, in rettilineo, interrotto da tre leggere curve. Le gambe sono pesanti, legate, ma non mollo. Il fiato c'è, la testa anche. E poi ho un tesoro da raccogliere al 42°. Passa il cartello del 41° e mi impongo di non gurdare l'orologio. Lo guardo dopo un tempo che mi sembra mezz'ora e segna 2'15'' dall'ultimo click. Do fondo alle energie, a 200 metri dal 42° caccio un urlo, vedo la curva finale. Non clicco al 42°, prendo in braccio Leonardo e me lo porto all'arrivo. Lo guardo in faccia e lui è raggiante. Ride come un matto e si guarda in giro. La folla assiepata urla ed applaude, sembra uno stadio. Lo devo cambiare di braccio due volte, corricchio e cammino per i 195 metri più belli di tutta la mia breve carriera podistica. Oltre il traguardo me lo abbraccio e Leonardo ride, felice. Sto bene, faccio mettere la medaglia al collo del piccolo. Mi godo 2 minuti con lui dopo l'arrivo, lo faccio camminare. Mi vengono anche due singhiozzi e gli occhi lustri. Poi lo riconsegno a Laura che, credo, si renda conto che sto meglio rispetto a precedenti gare.
Il resto è scambio di emozioni con gli amici. Attendo Max a 500 metri dal traguardo. Lo vedo affaticato e gli urlo che è un leone. Anche stavolta ha sofferto, ma ha abbassato di 4' il suo personale, entrando in difficoltà al 36° km.
Simone, al grande esordio, chiude in 2h05', sottovalutandosi e partendo troppo piano. Luca, un po' deluso, chiude in 1h47', con ampio margine. Alessia chiude in 3h40' di tutto rispetto (e anche per lei è PB).
L'onda dell'emozione è lunga ed arriva ad oggi e proseguirà ancora per tanti giorni. Quest anno ho fatto pace con la maratona dopo due liti a Treviso nel 2008 e 2009. Ora so quanti sono 42 km e finalmente mi rendo conto che riesco a correrli tutti, senza che la fatica rovini la festa.
La sera finalmente mi ammazzo con una wienerschitzel ed 1 litro di birra. Me li merito.
bellissima
RispondiEliminal'avresti preso in braccio anche se fossi passato a 2.58 al 40...?
Sì, senza dubbio! Da quando è nato sognavo di portarlo in braccio al traguardo. Per fare 3h09' ho tempo tutta la vita ;-)
RispondiEliminaL'emozione che può dare un risultato cronometrico non è nulla di fronte al sorriso che mi ha regalato mentre correvo con lui.