A proposito dei miei amori

«Amo correre, è una cosa che puoi fare contando sulle tue sole forze. Sui tuoi piedi e sul coraggio dei tuoi polmoni.»

Jesse Owens

giovedì 19 gennaio 2012

Lanaro granfondo

Ci sarebbero tanti motivi per pensare che questo post sia stato scritto da un altro, ma la foto ne è testimonianza: io c'ero!
Sono un convinto assertore della corsa come terapia dell'invecchiamento (se l'invecchiamento si può considerare patologia non lo so, ma di certo lo è l'invecchiare male) ed il rimedio principale ritengo essere la cura della velocità. Certamente le manifestazioni a cui partecipo durante l'anno (gare dall'ora in sù) non richiedono particolare propensione alla velocità pura, ma per il 2012 ho posto rimedio iscrivendomi ad una società e quindi entrando un po' più nel giro (soprattutto CSI) di gare più corte.
E oltrettutto ammetto candidamente di essere ancora schiavo del cronometro. Ho bisogno del riscontro cronometrico come parametro di confronto e su di esso baso la stima del mio stato di forma, alla luce delle sensazioni provate in allenamento.
In tutto ciò, come si inserisce un "trail"?
Posso contare con facilità le mie gare in montagna: una partecipazione (cinque tappe) alla Traslaval nel 2010.
Ci metto vicino un fantastico allenamento collettivo organizzato alla fine del 2010 da Elena Simsig sul percorso dei 32 cippi e qualche allenamento in montagna in occasione di vacanze, estive o invernali, sulle Dolomiti. Stop. Da ciò deriva che non ho mai corso più di 15-16 km di fila in ambiente montano.
E infatti l'idea di correre 30 km sul Carso con 800 metri di D+ mi sembrava una follia, anche considerando che dalla maratona di Firenze non ho mai corso più di 20 km.
Tutta colpa di Piergiovanni, che intorno a Natale mi ha telefonato per avvisarmi che "Io ci vado".
La corsa è organizzata del gruppo vulkan http://www.gruppovulkan.com/ una società triestina che si definisce "Avanguardia nella lotta alla noia ciclistica". Le numerose proposte della società infatti si rivolgono agli appassionati di MTB, ma si sa, molti biker amano girare anche a piedi... e così 11 anni fa nasce la Lanaro granfondo. Alla partenza, un commosso responsabile della società ricorda che 10 anni fa "eravamo in 10, oggi... guardatevi!".
E' così strano fare riscaldamento tra 250 mountain bike che fanno avanti e indetro nella zona partenza. E' così strano trovarsi qui, a -4°C, senza sapere quasi nulla del percorso, con sole due sedute di sprint in salita nelle due settimane passate, ma per il resto pianura liscia come l'olio.
Massimiliano e Marco che ci accompagnano, due "muli" DOC, dapprima gigioneggiano "ma sì, non è neanche una corsa in montagna, c'è un po' di salita... ma insomma.". Poi tiro fuori l'altimetria e allora sorridono: "Sì, c'è salita fino alla chiesetta di Pese, poi sul monte dei pini, ma anche all'oleodotto c'è da correre... vabbè, poi c'è l'asfalto, che va sù, e alla fine, la vetta te la vedi lì, e hai già fatto due rampe durissime, e poi ce n'è un'altra... l'anno scorso l'ho fatta in bicicletta e facevo fatica a superare quelli a piedi..."
Cazzo, fatemi scendere, voglio andare a correre la mezza di Medea, dove il GPM è il cavalcavia sull'autostrada.
Previsioni? Io, sincero, considerando tutto: sotto le 3 ore. Marco: sotto le 2 e 30. Piergiovanni tace. Massimiliano non dice, ma l'anno scorso ha fatto 2h19' e quest'anno si è preparato.
Insomma, come ci sono finito in questa gabbia di matti, che al posto della camicia coi bottoni "perdidietro" hanno il camel bag?
Per l'occasione ho rispolverato la cinta Kalenji con le quattro borraccette da 100 ml che mi fa compagnia nei LL premaratona, ben sapendo che questi selvaggi trailer non ammettono ristori.
Non è che sia stato sempre molto lucido durante il percorso, ma qualcosa ricordo.
Primi 5 km in dolce salire, mantenendo 4'50'', non proprio con indifferenza. Svolta a sinistra nel bosco e comincia la salita. Già dal primo metro Piergiovanni ha un passo per me improponibile. Lo lascio andare e lo troverò solo all'arrivo. Si sale a strappi per un paio di km e da qui mi accodo a Davide, un triestino che, a giudicare dall'assistenza ricevuta sul percorso, è molto noto. Il mio salire è sempre patetico, ma sopporto questo incedere bradipoide perché so che sarà lunga, molto lunga. Mantengo un impegno simile a quello della corsa media. Guardo il GPS solo per controllare la FC media, che sta attorno ai 150. A Pese comincia un tratto misto e molto bello, tutto corribile a buona andatura. Un parte del percorso la conosco perché è una zona classica per gli allenamenti dei triestini, che battevo quando abitavo in città. Davide molla un po', ma non lo sorpasso perché so che in discesa mi riprende con facilità. Si fa sotto anche un altro atleta che avevamo passato su un tratto misto. Quando la strada ricomincia a salire (monte dei pini?) resto solo con Davide. Sicuramente tra i due quello che sta meglio sono io, ma resto con lui, perchè il peggio deve ancora venire. Mi hanno detto di una discesa tecnica, ed eccola. Subito Davide guadagna 30-40 metri. Per un millesimo di secondo mi passa per la mente l'idea di rischiare, ma lascio perdere. In quell'istante mi giunge il grido di Davide che vedo saltellare su una gamba. Credo si tratti di una distorsione. Lo raggiungo, gli offro dell'acqua fredda. Non vuole fermarsi. Passiamo dapprima ad un ristoro, dove avviso i volontari che si è fatto male, ma lui continua. Poi troviamo un suo amico sul percorso e Davide non si ferma. Gli chiedo un paio di volte come sta e mi dice che gla caviglia gli fa malissimo. Onestamente non so che fare. Ha avuto la possibilità di fermarsi due volte per salire in macchina e non l'ha fatto. Penso di non essere tenuto ad aspettarlo e allora procedo del mio passo perdendolo.
Il resto è salita: un lungo tratto, credo al 4%, di circa 1-1,5 km mi fiacca la gamba. Passo un atleta che beve, mi avvicino ad un altro dimezzando il distacco (da 150 metri  a circa 50 metri) ma non riesco a prenderlo. Poi, dopo qualche strappo ed una ripida discesa si comincia a sentire la festa all'arrivo. Il GPS dice 24 km. Da qui dovrebbe essere tutto a salire e l'arrivo, a sinistra, è così alto e lontano... e così al sole!
Abbasso la testa. Sono solo. Davanti non vedo nessuno. Su alcune rampe passo una ragazza in MTB che mi riprende in dicesa. La mia non è una corsa, sono passetti, sono microscalini. Ma non sono "a tutta". Cominciano le rampe finali, in cemento. Mi tocca camminare e nonostante l'ulteriore calo di ritmo mi avvicino ad un atleta. Sull'ultima rampa chiedo ad un biker quanto manca "arrivati!". Riprendo a correre e incito l'atleta davanti a me. Quando lo raggiungo, a poche decine di metri dal traguardo, lo sospingo e lo lascio passare oltre la linea.
Chiudo in 2h35'. Gara condotta bene, proprio perché sottovalutata. Non dico sia facile (oggi, mercoledì, ho ancora mal di gambe), ma l'essermi trattenuto per 24 km arrivando ai piedi della salita dura con ancora un po' di energie, mi ha permesso di non arrivare strisciando.
Massimiliano chiude secondo a 1' dal primo. Piergiovanni mi rifila 5', Marco 2.
Cambio in tenda, un'occhiata veloce al panorama e giù per 20' fino al parcheggio dove ho lasciato la macchina.
E come al solito: "Bella gara, da rifare, magari più preparato!"
A casa si festeggia il compleanno di Laura. Il suocero ha preparato: salumi, formaggi, pasticcio, salama da sugo con purè, dolci... come dire: consumato 10, introdotto 20!

1 commento:

  1. Deve essere proprio bella questa gara, prima o poi ci vengo. Ma la schiavitù da cronometro può faer male? Chiedere a un medico? :-))))

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